L’orecchio umano è uno degli organi di senso percettivi più sofisticati. E come altre parti del corpo, anche l’apparato uditivo mostra gli effetti del deterioramento con il progredire dell’età.
Conversare con un perdita di udito richiede un maggior dispendio di energia mentale con il rischio di provocare anche irritabilità, stress e depressione; inoltre può ridursi il rendimento sul lavoro o nello studio. A tutto ciò bisogna aggiungere che nei casi di sordità più gravi la mancata o distorta percezione di suoni e segnali d’allarme aumenta anche i rischi per la sicurezza personale.
Un udito in buona salute è quindi un requisito indispensabile per il proprio benessere sociale e per la propria incolumità fisica.
Secondo numerosi e importanti studi (American Journal of Epidemiology, JAMA Otolaryngology Head and Neck Surgery, Trinity College di Dublino,…) gli anziani che presentano un lieve deficit uditivo hanno quasi il doppio delle probabilità di sviluppare demenza o Alzheimer rispetto a chi ha un udito normale. Il rischio aumenta di tre volte per chi ha una perdita uditiva moderata e di cinque volte per chi presenta una perdita grave. Per ogni aumento di 10 decibel di ipoacusia, il rischio sale del 20%.
La correlazione tra perdita di udito e demenza non deve sorprendere dal momento che l’anziano che fatica a sentire e comprendere gli altri tende a isolarsi e dunque a essere per questo più soggetto a indebolimento delle funzioni cognitive.
In uno studio fatto su 2.300 adulti con ipoacusia il Consiglio nazionale sull'invecchiamento (NCOA), ha riscontrato nelle persone con perdita d'udito non trattata, un peggioramento dei sintomi accompagnato da un maggior isolamento sociale, segni di irritabilità, rabbia, stress, depressione, declino cognitivo e danni alla memoria. Insomma l'ipoacusia tende a isolare la persona: diminuiscono le interazioni con il mondo circostante, diminuiscono gli stimoli al cervello ed aumenta il rischio di Alzheimer o altri disturbi cognitivi.
Diagnosticare e trattare l’ipoacusia in anticipo può rallentare o arrestare la sua progressione.
La ragione del legame tra ipoacusia e demenza resta sconosciuta, ma gli studiosi hanno avanzato alcune ipotesi. Una di esse ritiene che gli stessi meccanismi neurodegenerativi che si riconoscono in alcune forme di demenza, quali l’Alzheimer, possano essere alla base anche di alterazioni centrali del sistema uditivo. Un’altra ipotesi sostiene che l’ipoacusia comporti un maggiore sfruttamento delle risorse cognitive per decodificare i suoni in informazioni utili, rendendo così la persona più vulnerabile alla demenza. Un’altra ancora si sofferma sull’isolamento sociale provocato dall’ipoacusia, che rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio per l’insorgere della demenza.
Gli apparecchi acustici possono essere d'aiuto?
Numerosi studi dimostrano che gli apparecchi acustici, oltre che migliorare l'udito di una persona, la aiutano a preservarne l'indipendenza, le capacità mentali e la propria vita sociale. In definitiva a mantenerne attivo il cervello.
Uno studio dell'American Journal of Epidemiology ha rilevato la capacità degli apparecchi acustici di rallentare il declino della memoria e migliorare la qualità di vita dei pazienti ipoacusici affetti da Alzheimer.
E in ogni caso i pazienti con apparecchio acustico hanno dimostrato, indipendentemente dall’esito sui disturbi cognitivi, un decorso migliore in termini di mantenimento delle relazioni sociali, lavorative e affettive.
L’udito è un bene prezioso e non va trascurato.
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